For the kids who dream the impossible
tessuti, cornette del telefono, ma soprattutto sospiranti coniglietti
Seconda puntata, primo extra 🍌.
Assieme alla consueta selezione, troverete in appendice la prima rubrica aperiodica di questa newsletter periodica.
Si chiama eXXXtra e approfondisce - molto - un unico video o progetto. Perché in appendice? Perché tendenzialmente saranno lunghi pippolotti, e non sarò certo io a cominciare una conversazione, di domenica, con un pippolotto. Buona fortuna a tutte e tutti!
Quest’oggi la selecta ha cinque video, e dura 11m31s.
Press play.
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Attenborough vs Cumberbatch
Prada, azienda italiana del lusso internazionale, ha una pecularità che la rende abbastanza unica nel panorama delle aziende concorrenti. Forse solo Hermès si avvicina a questa particolarità con il suo legame con l’equitazione, ma in questo caso è comunque un ambito più legato allo status che, magari, allo spirito stesso della disciplina. Perché Prada ha un legame fortissimo con qualcosa che trascende il suo marchio, il suo business o il lusso appariscente: Prada è legata al mare.
Sembra una sciocchezza, ma pensate a Luna Rossa Prada Pirelli: sono quasi trent’anni che la barca a vela italiana più famosa nel mondo porta il nome della casa di alta moda. Anche altri marchi hanno interessi nel mondo della vela - come Louis Vuitton, che è lo sponsor della competizione che elegge lo sfidante della Coppa America - ma di differente c’è proprio il coinvolgimento in prima persona. Luois Vuitton paga per dare il nome ad un torneo, mica ha una barca sua che gareggia.
In questa connessione esclusiva col mare, già nel 2019 assieme all’UNESCO, Prada aveva lanciato un programma educativo sugli oceani (si parla di più di 35.000 studenti coinvolti in 5 anni) e adesso ri-lancia un progetto iniziato nel 2023 assieme al National Geographic con una serie - letteralmente - di video.
Un tessuno creato da nylon riciclato e Benedict Cumberbatch.
Quello che vi propongo è il primo episodio, che parla di Artico. Il linguaggio scelto è molto intelligente, una fusione tra il documentarista che parla allo spettatore e una narrazione visiva molto precisa e curata. Ci sono cose brutte (la plastica ovunque), cose belle (progetti e sforzi per un futuro migliore) e cose fighissime, come fare surf al circolo polare.
Stiamo parlando di lusso e quindi di turbo capitalismo, non faccio il naif, però dentro un contesto turbo capitalistico tutto questo non serviva, potevano accumulare ricchezza senza impegnarsi in questo genere di progetti.
Quindi apprezzo e approfondisco.
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Format delle mie brame
Un telefono, un ponte e uno zoooooooooooom.
E’ il progetto dell’artista Joe Bloom, iniziato a febbraio del 2024 e arrivato persino sulle pagine del giornale britannico The Guardian. Non serve che vi spieghi oltre e anzi, consiglio di prendervi qualche momento in più per esplorare altre storie e altri punti di vista.
La cosa che trovo molto interessante di questo progetto è la domanda che sorge finito di guardarne un paio. La domanda salta in mente e ve la faccio in questa newsletter senza aspettarmi commenti, messaggi, engagement o fuffa. Pensateci e tenetevela per voi fino a quando non troverete una cornetta rossa su un ponte.
E voi, cosa raccontereste?
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MusicAI
Qui ci troviamo ad un incontro, ben riuscito, tra video musicale e AI generativa, oh yeah!
Che hype vero?
Il registra Jordan Le Galeze e l’editor Aloïs Champougny sono i compositori del manufatto, perché a quanto pare di manufatto si tratta: hanno generato le immagini di questo stop motion, per poi trasferirle su pellicola 35mm e da lì rimanipolare il materiale per tornare ad un video digitale.
La cosa però, più intrigante di tutte, è che siamo di fronte a uno dei pochi (per adesso) usi leciti - artisticamente e creativamente - della generazione attraverso prompt. Se io avessi omesso di raccontarvi la genersi tecnica di questo video, a voi non sarebbe cambiato nulla rispetto alla godibilità delle immagini o alla formazione di un vostro giudizio. L’intelligenza artificiale è uno strumento, e come tale andrebbe usato, senza autoreferenzialità.
Video musicale, non uno showcase su uno che usa l’AI. Bravi.
Aggiungo solo una mia personale impressione. Con un genere musicale come questo, usare un impatto visivo così forte rischia di capovolgere la situazione e portare a pensare che l’audio sia stato scritto per le immagini, e non viceversa. Può capitare, come no.
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Ultimi giorni di lavoro, primi giorni di lavoro.
Il 20 gennaio 2025 è stato il primo giorno di lavoro per Lewis Hamilton alla Ferrari. Non un dipendente qualunque, non un’azienda qualunque, se lavorate nel settore motorsport.
Lui non è solo quello che ha vinto più di tutti in pista (7 mondiali a parimerito con Schumacher e più vittorie, podi, pole position e punti nella storia della F1) ma ha avuto anche il merito di essere il primo a parlare e schierarsi pubblicamente contro la discriminazione nel mondo dell’automobilismo. In una disciplina come la F1 che è un distillato di maschi bianchi, non è poco. Persino se arrivi dal Brasile devi essere chiaretto, come ci dicono Senna e Barrichello.
Lewis Hamilton per timbrare qualche giorno fa il cartellino a Maranello, ha però dovuto prima licenziarsi dal precedente datore di lavoro, la Mercedes AMG Petronas Formala One Team, con la quale ha vinto 6 dei suoi 7 mondiali e per la quale era diventato praticamente un ambasciatore, l’icona indiscussa.
Ecco, la Mercedes per documentare la fine di questo sodalizio ha fatto uscire un po’ di contenuti, ma è il primo, quello ufficiale, a meritare l’attenzione di tutti.
Potevano menarla con i record polverizzati, sottolineare il dominio assoluto che ha contribuito a imporre, potevano usare la narrazione che volevano e difficilmente qualcuno avrebbe trovato modo di criticare quello che alla fin fine è un omaggio a un pilota fortissimo. E invece hanno scelto questo.
Ogni tanto anche il marketing ha fatto cose buone.
Bye bye Lewis, e benvenuto.
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Dessert
Si finisce con una cigliegina: un bel progetto personale di animazione con un notevolissimo sound design. Cuffie su e buon godimento.
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Come sempre, vorrei che questo sia un punto di partenza, per un dialogo che faccia crescere e giungere a cose (più) belle e (ancora) nuove.
Commenti? Postulati? Note?
Scrivi qualche frase in più!
A domenica 9 febbraio!
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eXXXtra
Poi non ditemi che Bill Hicks non aveva ragione.
Siamo di fronte ad una pubblicità, una bella brutta.
E se si fermasse qua, non sarebbe nulla di rilevante.
Ma invece si nota una scrittura così semplicistica che porta inevitabilmente a pensare che ci sia anche qualcosa d’altro, e che non centri molto con costolette di agnello.
Andiamo con ordine.
Il video, a quanto ci viene detto, è scritto al 100% con commenti reali, recuperati online. Fin da subito ci imbattiamo in esempi vari e vaghi di abbruttimento umano, sottolineati - perché avevamo bisogno che qualcuno ce lo dicesse - dal protagonista: “la sezione commenti sta diventando tossica”.
Segue una carrellata di situazioni in cui questa tossicità si manifesta, e qui cominciano a sorgere dubbi. Tra l’universo mondo di ambiti e soggetti vengono presi: i terrapiattisti (ahahah che ridere fanno quelli!), l’AI generativa (wow! super sul pezzo questa pubblicità), un’anziana che insegna a fare il té (carina, un sorriso), energie rinnovabili (ma cos), e la breakdancer Raygun (wtf?!)
Il focus della campagna video dovrebbe essere la maleducazione che dimostriamo quando scriviamo commenti online, ma si va spesso fuori tema con meccanismi molto rodati e che stanno diventando una prassi che potremmo riassumere con “intanto la butto là, perché secondo me trovo di certo qualcuno che voglia spalleggiarmi quando dovrò fingere di non essere stato io a rompere quella finestra con la mano che sto nascondendo, ma un po’ no”
Partiamo dalle rinnovabili, dove una donna oltre la mezz’età critica le pale eoliche e prontamente le risponde lo stereotipo del pedante scienziato/naturalista/ecologista modero in camicia e gilet. Lei è calma, lui è acido. Lei dice che stiamo uccidendo l’ambiente con le pale eoliche, lui dice che invece lo stiamo salvando. Lei quindi ribatte che funzionano solo se c’è abbastanza vento. Lui non ribattere, non può, perché ci fanno vedere altri personaggi in scena.
Ora, tra tutti gli ambiti e soggetti possibili, scegli le rinnovabili, un argomento molto sensibile e caldissimo nel dibattito non solo online, ma proprio globale. Abbiamo una turbina eolica: come ogni fonte energetica, l’eolico ha vantaggi e svantaggi: quale criticità quindi viene usata nella sceneggiatura? Quella più facile da usare e complessa da giustificare, senza nemmeno dare una controbattuta. Magari spiritosa. Pure sarcastica avrei accettato. Ci saranno stati dei commenti spiritosi o pure sarcastici in quella sezione dei commenti.
Niente.
Ci teniamo che l’eolico fa schifo perché non funziona mai?
Ed è solo l’inizio.
Ad uno sciatto e palesemente scemizzato non-australiano viene affidato il commento “io amo le rinnovabili”, dando così un volto a tutte quelle persone che amano le rinnovabili e lo scrivono su internet. Ed è un poco sospetto che tu affidi ad un personaggio palesemente tonto lo scettro di rappresentate di una certa fazione, con una battura poi, che ridicolizza ulteriormente quella fazione.
Sarebbe male così, ma qua giocano l’asso di briscola. Si torna alla signora oltre la mezz’età, che sostiene che siamo di fronte al livello di CO2 più basso nella storia.
Say what?!
Questa non era una pubblicità che parlava della tossicità dei commenti online? Perché adesso mi stai dando un esempio di “persona che utilizza false notizie online?”. La tossicità prevede che gli interlocutori siano scortesi tra loro, non stiamo parlando della veridicità o meno delle informazioni. Sono due concetti dfferenti, non sono lo stesso campo da gioco, non sono lo stesso campionato, e non sono nemmeno lo stesso sport.
Andiamo avanti.
Arriviamo alla ballerina di breakdance Raygun, protagonista di una performance molto divisiva alle Olimpiadi di Parigi 2024, performance che le è valsa un tale livello di denigrazione e polarizzazione, da aver fatto più di un giro del globo tra meme, commenti, editoriali. Non un momento felice per l’alteta - ed essere umano quale lei è - ma tu comunque, tra tutti gli ambiti e soggetti che potevi scegliere, usi quello, e lo usi con una controfigura che mima momenti della performance estrapolati a tua discrezione. Momenti non lusinghieri, così io spettatore posso capire subito il concetto.
Se volevi fare una campagna CONTRO la tossicità dei commenti online, non potevi chessò, pensare di chiamare veramente Raygun come testimonial di quanto brutta possa essere una situazione come quella ma che comunque non mina la dignità della persona e non è lei a doversi vergognare o nascondere? Con magari la comparsata nel finale, in mezzo alle altre comparse a chiacchierarsela tranquillamente?
L’odore di un escamotage acchiappa commenti si fa sempre più pungente.
Arriviamo finalmente alla fine di questo pippolotto e al gran finale della pubblicità: il tolettatore di cani protagonista pone finalmente la domanda.
Ma in questo marasma, cosa può essere quella cosa che ci unisce?
Compare così un anziano in completo che sta cucinando il prodotto che l’azienda vende.
Le menti si uniscono, l’entusiamo dilaga: tutti adorano quello che l’azienda vende. Così, quell’uomo anziano grida a tutti cosa fare - uscire dalla loro tastiera e andare a consumare il prodotto - e tutti obbediscono. L’unico personaggio vestito distintamente risolve la situazione gridando e sventolando il prodotto da comprare.
Senza commentare oltre con quelle che sarebbero mie opinioni personali, vorrei proporre cosa ne pensa Tom Yorke delle persone in completo.
Vi piacerebbe fosse finita, a tutti piacerebbe, ma c’è ancora una questione da affrontare. ”Perché tutti sono diventati così gentili?” chiede a questo punto il nostro tolettatore. E’ la sua collega quindi a darci la risposta: “Perso perché la gente sia molto più gentile nella vita reale che online.”
Ah si? Ma proprio tutti quindi, siamo pessimi online, dici? Vera verità?
Non è nemmeno il prodotto che l’azienda vende ciò che cambia le cose o che risolve i conflitti, è proprio insito nell’essere umano essere stronzo online.
E qua, arriva la sciabolata finale.
"suppongo che l’anonimato online promuova incomprensioni e che le piattaforme dovrebbero…”
Kaboom.
Promuovere significa che ne è la causa, che fomenta, che sarà sempre così finché ci sarà la possibilità di non essere riconosciuti online.
E le piattaforme dovrebbero fare cosa, di preciso, poi?
Per chi non avesse dimestichezza dell’argomento, la possibilità di restare anonimi su internet è, assieme alla Condivisione, probabilmente tra i concetti fondanti e fondamentali della Rete e attorno ai quale ci sono dibattiti pluri decennali che passano dalle libertà astratte di ognuno di noi alle legislazioni intra e interstatali.
E’ un argomento killer, crea polarizzazione automaticamente e viene trattato allo stesso modo di tutto l’elaborato: la butto là.
Persino quando la collega taglia corto con un “si, abbiamo capito”, non adduce ad altre possibilità, altre correnti di pensiero. E’ assodato, è così, quella è la verità ma non serve parlare oltre perché adesso dobbiamo mangiare sereni.
La vera fine della pubblicità è ancora un uomo distinto che ci urla cosa dobbiamo fare.
Ce n’era bisogno?